venerdì 19 gennaio 2007

Metro

Le mamme terribili
dell’anticonformista
DIABOLIK



INTERVISTA

DIABOLIK e Eva Kant. Due criminali ma anche la prima coppia di fatto del fumetto italiano. Lui, fisico atletico, inventore di maschere riproducenti il volto umano e di marchingegni fantastici, abile nel lancio del pugnale, simulatore, ladro e assassino, con il volto dell’attore Robert Taylor. Lei, bionda, alta, sinuosa, algida come Grace Kelly, che ha seguito un percorso di emancipazione femminile, sino a diventare co-protagonista. Una Koppia con la K, modernissima, che nell’ultima storia difende i Pacs, come negli anni Settanta era stata paladina di divorzio e aborto. Anticonformista e di sinistra Diabolik, dall’ispirazione delle sorelle Angela e Luciana Giussani, altoborghesi della Milano bene che ebbero l’idea geniale di inventare un fumetto da leggere per i pendolari che arrivavano nelle stazioni delle Ferrovie Nord nello spazio di un viaggio in treno. La loro incredibile storia - Angela, che fondò la casa editrice, era stata modella, aveva preso il brevetto aereo – è raccontata in un libro in uscita il 1 febbraio “Le regine del terrore” (Bd editore, p. 215,
euro 13) scritto da Davide Barzi con Tito Faraci dove le avventure di Diabolik si mescolano alla storia della Milano degli anni Sessanta fino a oggi. Diabolik era servito alle bellissime sorelle Giussani – Eva Kant assomigliava a Angela – per smascherare l’ipocrisia della società in cui vivevano, come racconta Tito Faraci autore di molte storie di Topolino e Dylan Dog e soggettista e autore dal ‘98 del fumetto.

In un numero recente di Diabolik c'è un omosessuale: le reazioni dei lettori?
Alcuni si sono indignati... ma va bene così. Diabolik deve fare scandalo.

Due sorelle che danno alla luce un figlio criminale: come si manifestava la dedizione verso la loro creatura?
Diabolik fu davvero un figlio per loro. Angela Giussani per scrivere le storie non aveva tempo neanche di andare dal parrucchiere.

Che cosa scandalizzò nelle prime storie?
Non credo fosse solo la paura di un eroe negativo corruttore dei giovani. Eva Kant donna libera molto lontana dall’ideale femminile di quegli anni, e poi il fatto che Diabolik fosse lo specchio di un società priva di valori, dove i soldi sono figli dei soldi, e le cose hanno un prezzo e non un valore.

Un mondo, quello alto-borghese, che le sorelle Giussani conoscevano bene.
Le case che frequentavano sarebbero state poi quelle depredate da Diabolik. La genialità è stata quella di creare un fumetto per sublimare questa violenza prendendo spunto da Fantomas e dai gialli dell’epoca. Diabolik è il male che punisce altro male. Il tema fondamentale non è il pugnale ma la maschera, il fatto che nessuno sembra mai quel che è.

Che c'è di femminile nelle storie di uno psicopatico in calzamaglia e maschera?
La mano delle Giussani nel creare plot da gialliste alla Agatha Christie, il colpevole nascosto, indizi falsi sparsi abilmente.

Chi inventa oggi i fumetti di Diabolik?
Molti soggetti arrivano da collaboratori esterni all’editoria, medici, agenti immobiliari. Mestieri che non c’entrano nulla col nostro ma che offrono spunti interessanti.

Olindo Romano era lettore di Diabolik...
Chi ha citato Diabolik in relazione al massacro di Erba, non ne ha mai letto una striscia. Quando mai si è visto Diabolik che entra in una casa e fa un massacro di quel tipo? Lui e Eva Kant fanno piani sofisticati, incredibili. È un criminale che non si fa trascinare dalle emozioni. Se trova di mezzo un avversario che gli impedisce di svaligiare Cartier lo elimina. Ma non uccide mai come finalità.

(Antonella Fiori, Metro, venerdì 19 gennaio 2007)












4 commenti:

Anonimo ha detto...

La domanda da porsi non è "eh?", ma "e allora?"

Il fatto che uno legga una cosa piuttosto che l'altra, non vuol necessariamente dire che ne prenda ispirazione.

Magari il tizio legge anche Topolino e Paperino, tanto anche lì ci sono le storie di Faraci, ma non per questo deve avere l'abitudine di girare per casa con una casacca alla marinara ma senza pantaloni...

E allora?

Davide Barzi ha detto...

A onor del vero e per completezza d'informazione, va detto che il giornalista di Metro riprende la questione da un altro quotidiano e da un paio di tg, e la pone con tre puntini di sospensione che denotano quanto lo sbalordimento sia comune.

Anonimo ha detto...

Questa faccenda risolleva tutta una questione. L'esempio-tipo di questi anni che la rappresenta è: i videogame rendono i giovani più violenti?

Secondo me tutto ciò puà realmente influire su una persona, consciamente o inconsciamente.
Com'è scritto nell'articolo, però, chi ha tirato fuori 'sta cosa non ha mai letto una striscia di Diabolik! Non è questo il caso di certo!


Davide, perdonami se svio un po' il tema. Ma qualche giorno fa ho letto una frase che, SE HO CAPITO BENE, è di uno degli inventori o non so che di qualcosa come SUPER MARIO. Credo che risalga a quei tempi, anzi ai tempi in cui i bambini che ci giocavano avevano fatto in tempo a diventare ragazzi. Beh, il tipo si difendeva dall'accusa che dicevo che si fa ai videogames dicendo che mica poi i giovani si ritrovano a saltare ingoiando pillole magiche e ascoltando musica iper ripetitiva!

Cosa che oggi succede. Cazzo se succede.

Sono rimasta un po' turbata.
Flash sulla fragilità del nostro cervello.

O è tutto casuale?

Purtroppo non so come ritrovare la frase.

Anonimo ha detto...

Forse la cosa non interessa, ma dato che per un colpo di culo ho ritrovato la frase che dicevo... ecco:

"I videogiochi non influenzano i bambini. Voglio dire, se Pac-Man avesse influenzato la nostra generazione, staremmo tutti saltando in sale oscure, masticando pillole magiche e ascoltando musica elettronica ripetitiva......"
Kristian Wilson (Nintendo INC, 1989*)