martedì 6 marzo 2007

Si chiamava Lina Buffolente

“Si chiamava Lina Buffolente, e con il fumetto aveva un rapporto ininterrotto che durava dal 1941. Prima di lei il fumetto aveva frequentato solo uomini, la cosa più strana del rapporto tra loro due era che anche coloro i quali dicevano di conoscere bene lui, non sapevano nemmeno chi fosse lei. Lina non amava i riflettori, a differenza di quelle primedonne che si concedono al fumetto solo per un’apparizione in un talk show o sulla copertina di un rotocalco.”
(dall’introduzione al mio libro “Lina Buffolente/Anna Lazzarini”)

Anche Lina ci ha lasciati. Ho avuto anche le fortuna di lavorare con lei, qualche anno fa. Spero che smoky man non si offenda se per l’occasione mi riapproprio del pezzo di presentazione di quella storia, pubblicato cinque anni fa su Ultrazine. Il testo è un po’ sopra le righe, forse potrebbe sembrare fuori luogo in questo momento di tristezza, eppure fotografa bene l’euforia che c’era in quel momento nel lavorare con lei, un’autentica icona della storia del fumetto. Quindi, lo ripropongo così com’era allora.
Ciao Lina.

Come disperdere le energie e vivere felici
ovvero
Come fu che Alan Moore incontrò il comandante Mark

Ci sono due cose che un professionista non dovrebbe mai fare: accettare più lavori di quanti possa fisicamente portarne a termine e - soprattutto - fare più cose contemporaneamente, disperdendo così energie preziose.

Fu così che, durante una domenica di lavoro a cui mi costrinsi perché ero in clamoroso ritardo con una cronologia per la Guida al fumetto italiano, quasi in contemporanea Gianni Bono mi chiese di scrivere un racconto per la collana Il comandante Mark e smoky man di preparargli un contributo ad Alan Moore per il sito Ultrazine. Dissi di sì a entrambi e mi misi a pensare alle due cose mentre facevo la cronologia.
Pensavo a Moore e mi venivano delle idee per Mark.
Pensavo a Mark e mi venivano delle idee per Moore.
Decisi allora di mescolare le due cose. Il comandante dei Lupi dell'Ontario contro il più grande sceneggiatore vivente? Era così assurdo che poteva anche funzionare…

Proposi l'idea al paziente Gabriele, curatore della collana. C'era un problema insormontabile: Moore ha una foltissima barba, mentre alle giubbe rosse (a cui Moore doveva appartenere) non era chiaramente permesso presentarsi in maniera tanto trasandata. Ma Moore senza barba non sarebbe stato più Moore…

Feci finta di niente e presentai il soggetto. Purtroppo Gabriele, oltre che paziente, è persona molto attenta, e mi smascherò subito. Panico. Non potevo presentare Alan Moore senza barba, ma non potevo presentarlo nemmeno con la barba.

Per fortuna, oltre che a queste cose, stavo lavorando anche alla ricomposizione del più improbabile gruppo teatrale di tutti tempi, i Tristrass. Teatro… barba… non barba… ma certo! Il colonnello Moore sarebbe stato un attore, così per tendere un agguato a Mark si sarebbe presentato con uno dei suoi abiti di scena, che avrebbe compreso una vistosa barba nera. Da lì alle mille citazioni shakesperiane sparse per il racconto (che ci stanno sempre bene), il passo era breve e quasi obbligato.

La storia venne fuori quasi automaticamente. Purtroppo Gabriele, oltre che paziente e attento, è anche preciso, così mi fece notare che avevo sforato di qualche migliaio di battute e che alcune situazioni ai limiti dello splatter (che purtroppo non leggerete mai) avrebbero fatto infuriare i lettori delle storie della EsseGesse. "Uccidi qualcuno qua e là" mi aveva detto inizialmente. Purtroppo, quando mi si dice così, il pensiero va automaticamente alle morti in primo piano dei film di Sergio Leone molto più che a quelle in campo lungo di John Ford. Così, a malincuore tagliai tutte quelle belle scene in cui… ma no, che ve lo dico a fare…

Ah, dimenticavo: il protagonista assoluto del racconto è un cane. Cosa c'entra con tutto il resto? Beh… Shakespeare, uno sceneggiatore di fumetti, la guerra d'indipendenza americana… mi sembrava che un cane protagonista ci stesse più che bene! (non perdete tempo a cercare una logica in quest'ultima frase. Non c'è).

La morale di questa storia? Almeno un paio:

- Fare più cose contemporaneamente porta a una dispersione di energie, ma dà un sacco di input creativi.

- Alan Moore è il più grande di tutti, e meritava sicuramente questa faticaccia.

[Per inciso, il racconto Cuore di cane, scritto da me e illustrato da Lina Buffolente, appare sul numero 3 de Il comandante Mark, edizioni if]

4 commenti:

smoky man ha detto...

Sempre grande l'amico Barzi. E di gran cuore.
smoky ciao da Ichnusa

PS.: ovvio, qualsiasi permesso accordato, figurati!

Anonimo ha detto...

Purtroppo il tuo post è pieno di nomi che per me sono nuovi, però il pezzo di Ultrazine fa il suo dovere e immagino l'euforia che dici! E anche se non posso che rispettare il momento di tristezza... le morali credo che mi torneranno entrambe.

ILCHILLER ha detto...

ti devo dare una bruttissima notizia la mervil farà fuori Capitan America eccoti l'indirizzo dove leggere la triste notizia: http://www.repubblica.it/2007/03/sezioni/spettacoli_e_cultura/morto-capitan-america/morto-capitan-america/morto-capitan-america.html

mi spiace Adie

Davide Barzi ha detto...

Maffigurati! Ma chi ci crede più? Non esiste un supereroe che non abbia nel curriculum una (temporanea) morte. Con Oskar lo dicevamo già quasi dieci anni fa: http://www.stradanove.net/news/testi/fumetti/fasca1102991.html