sabato 23 luglio 2011

Leggere e scrivere? Fanno male alla salute

"Noi viviamo in un ambiente letterario, dove sentiamo il bisogno di giustificare il fatto che leggiamo e che abbiamo questo grande amore per la letteratura, perché è una passione che ci costa anche molto. In realtà, nel giustificarci, siamo sottoposti a una grande esposizione letteraria che ci dà la sensazione di migliorare giorno dopo giorno. Sebbene io non abbia prove per giustificare il mio scetticismo, mi baso sulla mia esperienza: penso di essere un testimone di cinquant'anni di esposizione letteraria; è vero, posso chiedermi cosa avrebbe fatto Gesù, o posso sostituire Gesù con Montaigne, posso ragionare su come le voci degli autori che ho letto e conosco possono venirmi in soccorso nei momenti di difficoltà. In realtà avere introiettato le voci degli altri non è necessariamente un fatto positivo. È quello che Jung chiamava inflazione psichica. Siamo attratti dalle voci degli altri tanto da non riuscire a delineare una nostra identità. Questa insistenza sul fatto che legge è un fatto positivo non ci ha aiutati. Leggere, ma scrivere ancor di più, ci allontana dagli altri e dalle esperienze pratiche della vita. Ci porta a un dialogo solitario tra noi e i mostri autori. Scrivere è ancora peggio: negli ultimi dieci anni ho scritto molto di più di quanto avessi fatto in precedenza, ma mi sono accorto di essere assolutamente peggiorato come persona. È un'idea condivisa dal romanziere Alan Hollinghurst, secondo cui scrivere ci fa diventare peggiori perché ci isola e ci fa pensare che la realtà sia quella in cui stiamo vivendo noi e il nostro obiettivo. Ci consente tutte quelle paranoie che non sono concesse a coloro che svolgono lavori molto diversi dal nostro. Con buona pace delle nostre mogli."
(Rick Gekoski, dall'articolo "Writing is bad for you", che trovate per intero, in inglese, qui)

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