martedì 13 ottobre 2009

Villaggio globale!

In scena - Grandi vecchi del teatro al Parenti: il primo è l'ex Fantozzi, che si racconta

Villaggio Globale
"Cara Milano, come siamo cambiati
andavo al Jamaica, oggi vado da Peck"

Simona Spaventa
Ruvido e senza peli sulla lingua lo è sempre stato. E ora, a quasi 77 anni, quel suo gusto per l´analisi lucida delle bassezze umane, che rivolge anche contro se stesso, si è fatto ancora più pungente. Paolo Villaggio lo riversa nei rari appuntamenti teatrali, come Il profumo delle lucciole, un monologo autobiografico, da domani al Franco Parenti (nell´ambito del progetto "Ragazzi terribili" che coinvolgerà altri quattro grandi vecchi del teatro italiano), in cui l'ex ragionier Fantozzi parla a ruota libera di sé (la base è l´autobiografia del 2002, Vita, morte e miracoli di un pezzo di merda, edita da Mondadori), dei vecchi amici e delle umane meschinità.
Partiamo dal titolo. Per caso allude alle donne?
«Vede, c´è un animale insopportabile che si aggira nella penisola italiana, il maschio affetto da fichismo. Ha la curiosa abitudine di vantarsi delle proprie attività sessuali, e per lui le donne, tranne la mamma e la sorella, sono tutte troie. Bisognerebbe che qualche giudice lo fermasse, cominciando da Berlusconi».
Ci si mette anche lei?
«Per carità. Io, come mio fratello gemello Piero, avevo un blocco totale, sarà stata l´educazione severa di mia madre. Dai 16 ai 19 anni mi innamoravo con tutti i sintomi, batticuorismo e leggero affanno, ma non avevo nemmeno il coraggio di dire buongiorno. Però me le ricordo tutte. Certo, poi c´è stato il passepartout del successo, e ne ho abusato per colmare le ferite».
Lo fa ancora?
«Oggi, tra vecchiaia e diabete alimentare, i blocchi sono altri. E poi i vecchi libidinosi sono imbarazzanti, mi fanno paura. Mi consolo in barca, ho una casa in Corsica, o passeggiando tra i boschi di Cortina fuori stagione. Mi porto i soliti libri, Kafka, Dostoevskij, Roland Barthes e Lévi-Strauss, sono come un breviario. Perché ormai i vecchi amici sono morti tutti, mi resta solo Monicelli».
Chi le manca di più?
«Fabrizio De André, siamo cresciuti insieme, l´ho conosciuto a Cortina che aveva quattro anni, i nostri erano molto amici, e l´ho perso di vista dieci giorni prima che morisse. E poi Gassman, e Tognazzi, che era di un´intelligenza rallegrante».
E a Milano, frequenta ancora qualcuno?
«Renato Pozzetto, con lui e Cochi nel ´68 fu il primo successo. Per questo a Milano penso sempre con tanto amore. Ricordo le serate a Brera, allora centro di cultura, al bar Jamaica con Umberto Simonetta, Jannacci, Gaber e Pozzetto, un vero covo di alcolizzati».
E oggi, dove va?
«In pellegrinaggio da Peck, un posto unico, una specie di museo incredibile. L´autista non mi domanda nemmeno più, mi ci porta e basta».

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