lunedì 2 giugno 2008

Raccolta di figurone

I GIGANTI DEL GIORNALINO

(articolo apparso originariamente su if n° 9, Epierre, marzo 2000)

La più longeva delle riviste a fumetti d’Europa (forse addirittura del mondo), nei suoi primi, gloriosi 75 anni di vita, ha presentato ai suoi lettori decine e decine di grandi personaggi. Ma alcuni di loro, oltre che grandi, sono anche decisamente grossi...

Il Giornalino, ovvero una macroscopica matrioska, cioè un gigante assoluto dell’editoria italiana che contiene in sé numerosi giganti del fumetto. Grandissimi disegnatori, sceneggiatori e personaggi si sono avvicendati e continuano a farlo da quell’ormai lontano 1° ottobre 1924, quando comparve sulla scena editoriale la rivista fondata da don Giacomo Alberione con il motto “Educare divertendo”. In tutta sincerità va detto che inizialmente il suo aspetto esteriore non dava proprio l’idea dell’imponenza: era infatti un agile albetto di 8 pagine, ma fin da subito grande nei contenuti e nelle intenzioni. E quando hai la robustezza nel DNA prima o poi la esprimi anche esteriormente. Anche i primi personaggi non erano esattamente dei colossi a vedersi, ma in qualche modo riuscivano comunque sempre a giganteggiare. Quello che viene considerato l’antesignano di tutti gli eroi del settimanale, Magrin della padella, non aveva per esempio dalla sua parte la forza fisica, ma sicuramente aveva quella dell’astuzia. Fece il suo debutto il 26 giugno 1932, e le sue storie in rima in cui si presentava povero in canna e sempre alla ricerca di un’occupazione catturarono decisamente i lettori dell’epoca. Grande merito va sicuramente al suo creatore grafico, Attilio Mussino, poliedrico illustratore che passava con grande facilità dal genere comico a quello realistico.

Dopo un’interruzione delle pubblicazioni durata due anni, il 25 novembre 1945 Il Giornalino festeggiava il suo ritorno e l’arrivo sulle sue pagine di Arturino di Ennio Zedda. Non tragga in inganno il diminutivo: il personaggio di Zedda appartiene decisamente alla categoria “giganti del fumetto”, visto che gli spettò molto spesso l’onore della copertina e soprattutto che portò nella rivista la fondamentale innovazione dei baloon che sostituirono le didascalie in rima. Il “passaggio di consegne” tra i personaggi appartenenti al periodo bellico e il “nuovo che avanzava” veniva suggellato dalla prima storia di Arturino (ancora in rima), in cui la creatura di Zedda annunciava a Magrin della padella e a Lalla di Caioli la ripresa gioiosa della stampa del Giornalino. Il futuro gigante intanto cresceva a vista d’occhio, nutrendosi dell’entusiasmo dei “piccoli” a cui il settimanale si rivolgeva esplicitamente fin dal sottotitolo che aveva iniziato ad apparire in copertina nel 1937: la foliazione raddoppiò, nel 1961 si triplicò raggiungendo le 24 pagine e nel 1969 ne contava addirittura 56, fino ad assestarsi a 96 nel 1980. Ma soffermiamoci sul 1969, anzi meglio nel ’68, perché un anno prima che Neil Armstrong mettesse piede sulla Luna, un’altra meta importantissima era stata raggiunta: la redazione del Giornalino si era trasferita da Alba a Milano.

Milano, una città “di peso”

Ecco dunque un punto fermo da cui partire per un excursus sui generis tra i personaggi più imponenti del “settimanale per ragazzi “ (sottotitolo adottato fin dal1949): la città della moda. La carrellata che segue è infatti pensata, in omaggio alla grande fantasia che da tre quarti di secolo regna nella rivista delle San Paolo Periodici, come un’atipica sfilata. Il materiale migliore con cui costruire questa immaginaria pedana sarebbe sicuramente il cemento armato, visto che nessuno dei modelli in questione pesa meno di un quintale. State infatti per vedere, riuniti tutti assieme per la prima volta, i personaggi che hanno (o hanno avuto) un grosso peso, sia sulla bilancia che nella storia del fumetto, italiano e non solo. Eroi in carta e ossa (e muscoli, o tessuto adiposo, a seconda dei casi). Non li vedremo, come si potrebbe supporre, l’un contro l’altro armati (cioè a mani nude, visto che stiamo parlando di gente dotata di pugni per cui ci vorrebbe il porto d’armi). Si limiteranno a sfilare (così come i loro avversari spesso si limitano a filare), dimostrando ancora una volta che la loro statura morale è almeno pari a quella fisica. Ma bando ai preamboli, puntiamo i riflettori sulle “figurone”, nel senso di figure imponenti.

In compagnia dell’orso

Il primo gigante si trova in realtà sotto la pedana, e alla luce dei riflettori oppone quella del flash; impugna infatti una macchina fotografica, non appartiene al genere umano e risponde al nome di Giorgione, fotoreporter del giornale La Notizia. Avrebbe certamente “le phisique du role” per sfilare, ma il lavoro è lavoro, quindi eccolo lì in attesa, maglia verde, pelo marrone, buffo naso rotondo e teleobiettivo puntato. Senza nulla togliere alla sua professionalità, forse è più noto al grande pubblico il suo più gracile collega, il coniglio rosa Pinky, personaggio nato dalla geniale matita di Massimo Mattioli nel 1973 e che tuttora riscuote le maggiori simpatie presso i lettori della rivista. Certo, né Giorgione Pinky hanno mai vinto un Pulitzer, ma nel 1975 hanno fatto ottenere al loro creatore un meritatissimo premio Yellow Kid al Salone di Lucca. Visto che ci troviamo a una sfilata, e Parigi è sicuramente un’altra della capitali mondiali della moda, ci piace ricordare che Giorgione e Pinky appaiono anche, di tanto in tanto, sul settimanale francese Pif, e che del coniglio rosa parla addirittura il Dictionnaire de la bande dessinée, edito proprio da un’importante casa editrice parigina, la Bordas.

Non siamo angeli

Preghiamo il pubblico in sala di spostarsi, perché il primo partecipante alla sfilata, che già di suo vanta una mole non indifferente, si presenta sulla pedana a cavallo. Si chiama Little Joe, e appartiene all’assortito manipolodi cowboy noto come gli Angeli del West. Il suo abbigliamento passerebbe inosservato in una qualsiasi reale sfilata meneghina di questi anni, in cui spesso l’eleganza è surclassata da una bizzarria quasi circense. Il “piccolo” Joe indossa infatti una maglia a strisce rosse e nere (che a Milano ci sta come il calcio sugli Zaccheroni), un gilet di pelo bianco e una tuba grigia. A differenza del loro compagno, hanno avuto la compiacenza di parcheggiare i loro stalloni fuori almeno i suoi due colleghi, il biondo e abile pistolero Gentle Jim e lo scaltro indiano guercio Sergente. Tra la folla notiamo i visi soddisfatti dei loro autori, gli sceneggiatori Luciano Giacotto e Daniele Nicolai e il disegnatore Renato Polese, che hanno narrato le loro avventure per ben tredici anni, dal 1979 al 1991. Per l’occasione Polese sfoggia la G d’oro ricevuta nell’ambito dell’Expocartoon di Roma come “maestro del fumetto”, un riconoscimento che rende omaggio alla sualunga collaborazione con il Giornalino.

A proposito di omaggi, lo stesso Little Joe è un tributo a un imponente attore del cinema italiano. La citazione è evidente anche a occhi chiusi. Little, cioè piccolo, Joe. Piccolo proprio come un bambino. E “Bambino” è esattamente il nome del personaggio interpretato da Bud Spencer nei due film di E. B. Clucher (pseudonimo dell’italianissimo Enzo Barboni) Lo chiamavano Trinità e Continuavano a chiamarlo Trinità. Oraaprite gli occhi e guardate due dei tre Angeli del West: non assomigliano proprio all’italico ex nuotatore Carlo Pedersoli e al suo compagno di cinematografiche avventure Terence Hill (americano? Neanche lui! Mario Girotti all’anagrafe)? Terence Hill, poi (che nei film in questione era chiaramente Trinità), è legato a filo doppio al Giornalino, essendo uno dei pochi al mondo ad essere passato dallo schermo alla pagina dise

gnata e ad aver fatto anche il passaggio opposto. Negli anni Novanta ha infatti interpretato il cowboy Lucky Luke

Spalle larghe

Di “pezzi grossi”, tra le pagine della rivista direttada don Tarzia, ce ne sono a bizzeffe, sia tra i personaggi sia tra gli autori. Anche il prossimo mastodonte disegnato può vantare infatti uno sceneggiatore di extralusso, premiato con lo Yellow Kid nel 1990, nientepopodimenoché Tiziano “Dylan Dog” Sclavi, che tre anni prima di dare alle stampe il suo personaggio più famoso aveva già ideato una serie in cui comparivano gli alieni, il mostro di Loch Ness e altre stranezze varie. Stiamo parlando dell’Agente Allen, realizzato graficamente da Mario Rossi. Si tratta di un tranquillo ristoratore scozzese dietro cui in realtà si nasconde un agile agente segreto. Chiaramente non è lui il colosso da far sfilare, ma la sua spalla, il forzuto irlandese Burke O’Burke. Evidentemente dalla terra del quadrifoglio alla Bonelli il passo è breve, visto che anche il creatore di Martin Mystère, Alfredo Castelli (con la complicità di Ferdinando Tacconi) può vantare nel suo carnet di invenzioni un corpulento e irascibile irlandese, Moose, nato nel 1973 sulle pagine del Corriere dei Ragazzi e sbarcato nel 1997, assieme all’intero gruppo di ladri gentiluomini chiamati Gli Aristocratici, sulle pagine del Giornalino. I due omaccioni sono accomunati, oltre che naturalmente dalla corporatura, da una folta barba e un certo gusto nel vestirsi. Niente di più adatto alla nostra passerella!


Io robot

Qual è una delle prerogative delle sfilate di moda? Stupire a tutti i costi, spesso mostrando quasi ogni centimetro di pelle possibile e immaginabile. Noi abbiamo pensato invece a una mossa a sorpresa: non farne vedere nemmeno un millimetro! Il prossimo personaggio infatti è composto solo ed esclusivamente di capelli biondi e metallo! Già, perché se hanno sfilato gli orsi, sarebbe quantomeno indelicato non permettere anche a un robot di farlo. Yelo III ha sicuramente la mole adatta per non sfigurare accanto a Little Joe e compagnia. Si tratta di un droide dall’intelligenza più che umana, che lavora per Scotland Yard accanto all’agente investigativo di primo grado Callaghan, di origini scozzesi. Quali insigni scienziati hanno dato la vita a Yelo III non ci è dato di sapere, ma l’afflato vitale fumettistico gli deriva dagli sceneggiatori Mauro Cominelli e Piero Fissore e dal disegnatore Mario Rossi. Le sue avventure, iniziate nel 1994, proseguono tutt’oggi sulle pagine del Giornalino. E lanciano un messaggio di speranza a tutti gli uomini afflitti da calvizie: tranquilli, in futuro sarà possibile impiantare una fluente chioma bionda addirittura a un robot, figuratevi a voi (ehm... a noi)!


United colors of Giornalino

Mandando in passerella solo modelli italiani verremmo tacciati di protezionismo e di scarsa apertura mentale. Ma qui si parla di una rivista che vanta tra i suoi (molti) punti di forza quello di presentare una rosa decisamente ampia di personaggi e autori, dando spazio alla produzione italiana ma anche traducendo moltissimi fumetti di ogni parte del mondo. E anche qui non mancano i “giganti”. "Grandeur” è per esempio un termine perfetto per indicare Obelix, spalla del gallo Asterix. Nati nel 1959 in Francia (sulla rivista Pilote) per mano di René Goscinny e Albert Uderzo, i due hanno pestato intere legioni romane tra le pagine del settimanale a partire dal 1976 (più o meno in contemporanea con un altro “figlio di Goscinny”, Lucky Luke), ma anche in una serie di 6 albi che la rivista ha regalato ai suoi lettori nell’estate del 1998.

Nato nello stesso anno, grosso ma decisamente flaccido (quindi poco pericoloso senza la sua agognata clava) è Fred Flintstone, creato da William Hanna e Joseph Barbera. Dal 1992 lui e la sua famiglia (I Flintstones, naturalmente!) appaiono in esclusiva sulle pagine del Giornalino, in avventure scritte e disegnate da autori italiani. E nel referendum “Stelle & strisce” hanno addirittura battuto Pinky nella classifica dei fumetti più amati dai ragazzi dagli 11 ai 14 anni. Stupiti? Be’, pensate che negli Stati Uniti un sondaggio rivelò addirittura che in una scuola media solo il 30% degli studenti sapeva indicare il viso del presidente, mentre il 90% di loro riconosceva al primo colpo il vecchio Fred!

Anche Popeye (meglio conosciuto in Italia come Braccio di Ferro) proviene dagli USA, e pure lui, dal 1982 al 1988, è stato uno dei protagonisti del Giornalino, con ben 72 storie. D’accordo, ammettiamolo, il personaggio creato nel 1929 da E. C. Segar non è propriamente un gigante, in realtà il suo arcinemico Brutus è molto più grosso di lui, ma non ce la siamo sentita di offendere il marinaio dall’occhio sporgente, vista la sua irascibilità e la sua forza fisica. Voi l’avreste fatto?


Grandi, grandissimi, praticamente giganti

Sfilate come luogo dell’effimero e del superficiale? Quella a cui state assistendo sicuramente no! Accanto alle avventure spensierate e ai personaggi divertenti nella loro simpatica leggerezza, Il Giornalino ha sempre dato spazio, vincendo una difficile scommessa, ai giganti della letteratura. Molti sono i romanzi, le fiabe, i testi teatrali ridotti (termine che ogni appassionato di comics sostituirebbe volentieri con “amplificati”) a fumetti sulle pagine della rivista e poi, visto il riscontro tra i lettori, in eleganti volumi come ad esempio la collana I Sempreverdi, partita nel 1973. Tra queste opere non mancano quelle con protagonisti, co-protagonisti o antagonisti personaggi dalle misure inusitate, per i quali nessuna passerella risulterebbe abbastanza grande. Sicuramente appartengono alla categoria i giganteschi Gargantua e Pantagruel, ripresi dal capolavoro letterario cinquecentesco di Francois Rabelais; ad adattarli per la pagina disegnata ci hanno pensato Laura e Dino Battaglia. Un altro personaggio enorme è il ciclope Polifemo, che viene sconfitto da Ulisse in una riduzione dell’Odissea di Omero scritta da Claudio Nizzi e disegnata da Paolo Piffarerio. Per chi ama la presa in giro, esiste poi una versione a strisce del poema omerico, pubblicata a cavallo tra 1999 e il 2000, firmata da Marcello Toninelli, che dopo la Divina Commedia e L’Iliade prosegue la sua divertente rivisitazione dei grandi testi dell’umanità. Un altro che amava decisamente la parodia era Jonathan Swift, che nella terza parte de I viaggi di Gulliver metteva alla berlina filosofi, storici e inventori. Nella seconda parte, invece, portava il suo personaggio al cospetto di giganti nella terra di Brondbingnag. Quasi tre secoli dopo l’avventura veniva narrata a fumetti da Renata Gelardini e Lino Landolfi.


Luci a San Siro

La sfilata sta per chiudersi. Come accade ormai molto spesso, abbiamo visto in passerella tutte le categorie possibili: plantigradi, cowboys, agenti segreti, ladri gentiluomini, colossi metallici e via di questo (pesante) passo. Ma la realtà aveva già superato - come accade spesso - la fantasia, con il calciatore Stefano Bettarini (meglio noto come “il marito di Simona Ventura”) che ha passeggiato in passerella in biancheria intima. C’è però un giocatore di football d’altri tempi, un gigante (appunto) che, palla al piede, aveva decisamente un'eleganza non inferiore a quella di Laetitia Casta unita a una potenza pari a quella di Little Joe e compagnia bella. Milano, sede di questa nostra strana manifestazione, lo ricorda con onore, avendogli dedicato addirittura uno stadio. Il suo nome è Giuseppe Meazza. E che c’entra con il Giornalino? Be’, la rivista diretta dal 1976 al 2000 da don Tommaso Mastrandrea ha sempre avuto un occhio di riguardo per lo sport, e per il calcio in particolare. I lettori più fedeli ricorderanno rubriche come “Siamo tutti sportivi”, oppure quelle curate da Antonio Cabrini, Giacinto Facchetti e Paolo Maldini, o ancora gli album/inserto per le raccolte di figurine del campionato di serie A (a partire dalla stagione 1976/’77), degli europei e dei mondiali, o i migliori gol disegnati da Giulio Giovetti. Ma rimanendo nello specifico fumettistico e tornando al “pepìn” (affettuoso nome affibbiato a Meazza dai suoi molti estimatori), nel 1982 Franco Oneta aveva dedicato al cannoniere dell’allora Ambrosiana Inter degli anni Trenta (così come a Di Stefano del Real Madrid) un fumetto. Che non è uno stadio, ma insomma...

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